Il Latino va di moda in Cina

    Il Latino va di moda in Cina

    Il latino e il greco sono le croci di molti studenti e la delizia di molti studiosi e appassionati, tanto che ciclicamente si riaccende la polemica sull’utilità di insegnarle nelle scuole.
    Queste lingue attirano studiosi da tutto il mondo e come riporta la testata SupChina: il professore austriaco Leopold Leeb è diventato una specie di star culturale e il riferimento per questo tipo di studi in Cina.
    In questo paese il rapporto con i classici è sempre un po’ altalenante in base agli orientamenti generale del partito, da un lato si incentiva la conoscenza della cultura occidentale, dall’altro il nascente nazionalismo spinge allo studio dei classici cinesi, purché non in contraddizione con la linea ufficiale. Quindi i classici scritti in latino e in greco, nella loro lontananza culturale e linguistica, sono salvi e attirano sempre più studenti che vanno a scoprire le nostre radici.
    Discorso simile nel britannico College of Arts and Science dove viene spiegato chiaramente che la conoscenza del latino è la chiave per ogni lingua europea ed è la lingua in cui sono stati espressi i pensieri più sofisticati del mondo occidentale.
    In Italia in una celebre lettera, Stefano Bartezzaghi, in risposta ad un padre che chiedeva l’utilità di insegnare in questa lingua morta, citò l’episodio delle dimissioni di Papa Benedetto XVI. Il Papa espresse le sue motivazioni in latino davanti ad una platea di giornalisti attoniti, tranne Giovanna Chirri che subito ne colse il senso e divento il riferimento internazionale, BBC compresa, per quell’evento storico.
    Non sono pochi a pensare che sia più utile conoscere un po’ di inglese piuttosto che studiare queste lingue antiche. Se non che quell’inglese minimo a volte non sia sufficiente nemmeno per ordinare un caffè a Londra. Il latino, come il greco, invece restano fermi nella storia come fondamenta della lingua e della filosofia occidentale. Finché ci sarà qualcuno, che non si accontenterà di intermediazioni e di interpretazioni altrui, non saranno lingue morte. Ad maiora.

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