Al Carcano, l’autobiografia più autentica di Daria Bignardi

    Al Carcano, l’autobiografia più autentica di Daria Bignardi

    Daria si consegna nella più vera e tenera versione di sé, nella sala gremita e attenta del teatro milanese Carcano. Un compendio di dolci ricordi che hanno ricostruito la Daria che conosciamo, una giornalista di spessore, concreta, determinata, ma anche irriverente e senza peli sulla lingua. Quel tanto di spregiudicato che diviene sintomo di autenticità, leale passione per la vita e per ciò che offre l’arte. Sì, perché l’arte, nella sua interezza, converge con il desiderio di togliere il velo sotto il quale si nasconde, con mite incertezza, la vera dimensione soggettiva. L’arte è un’immensa galassia con la quale potersi unire in tutte le proprie sedi multiformi che concedono sempre un motivo per conoscersi fino in fondo. Insieme con la poesia, la letteratura, la musica, ci presta questa funzione. Da uomo a uomo. Da donna a donna, direbbe la Bignardi.

    E i libri, come espressione comunicativa, e non solo di mera conoscenza, riescono a evocare i più significativi girotondi della nostra vita, comprese le pause, quelle caustiche, dolorose, che sottendono i movimenti più importanti e le scelte che ci portano poi a divenire ciò che siamo. I libri che ci hanno rovinato la vita, in fondo, sono quelli che ce l’hanno resa palese e comprensibile, sono quelli che ci hanno fornito la chiave di lettura per poterla nominare, per giungere sul cammino verso la conquista di un daimon personalissimo, affinché ci si avvicini il più possibile a noi stessi.

    E allora quale sarà la risposta alla domanda da cui parte la digressione della storia della sua memoria? Siamo ciò che siamo perché abbiamo incontrato amori fatti da copertine con nomi particolari che hanno condotto e condizionato la nostra tabula sentimentale?
    Daria ci prende per mano e ci accompagna nel gioco introspettivo di rivalutare le nostre coscienze per mezzo dei nostri grandi, odiati amori letterari. Sono le letture più malinconiche, angosciose, dure, quelle che ci segnano, che ci mostrano chi siamo, che ci permettono di dare peso e valore alle cose e a noi stessi. Ognuno di noi ha un “Celestino”, un’allegra favola illustrata di cui si ricordano profumati tratti color pastello, aloni sbiaditi ma felici che la memoria riporta a galla raccontando solo quello che vuole, lasciando lo scarto del vero, crudo e sofferto motivo che ce ne ha fatto innamorare.

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